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Categoria: Attualità Visite: 1448

Da parte di un allievo del prof. Domenico Cicenia

Era il 1995, e davanti a me avevo una montagna da scalare: l'esame di analisi alla facoltà di Scienze Economiche Bancarie di Siena che, per uno come me che non ...

Il professore Domenico Cicenia

proveniva dal liceo scientifico, era "un bagno di sangue" (come diceva il Prof. Domenico).

Mi recai da lui a fine luglio, e l'esame era programmato per il settembre successivo.

Sornione, accettò la sfida senza pensarci troppo. Era ovviamente sicuro di sé.

Domenico sapeva valutarla bene quella montagna, e così nacque una sfida a due: lui avrebbe sacrificato le mattinate di ogni singolo maledetto giorno di Agosto per insegnarmi in un solo mese, l'equivalente di un intero semestre di corso. Io (più incosciente di lui sul reale significato di quella sfida, almeno fino a quel momento) avrei passato quel maledetto - benedetto agosto in un inferno di logaritmi derivate e integrali.

Sapeva come provocarmi, e il suo caratteristico sarcasmo avrebbe fatto da padrone in quel torrido mese, dove passammo insieme la maggior parte delle ore del giorno: "alle 7.30 domani mattina aja sta qua!" mi diceva, fingendo di essere in apprensione per il suo noto aperitivo di mezza giornata da Gigino, unica cosa che non era disposto a mettere a rischio.

E quando finalmente arrivavano le 12.30, chiudeva la lezione salutandomi con "basta mo, ce vole na tonza de birre!"

Quella frase era liberatoria per entrambi, e solo pronunciandola o sentendola ci sentivamo veramente congedati, seppur per poco, dalla sfida. Io lo salutavo, demoralizzato, con un semplice: "ciao Professò", pensando all'impegno che avevo davanti prima di incontrarlo nuovamente l'indomani. Così per me cominciava la seconda parte della giornata, quella dove, nel caldo torrido di ogni santo pomeriggio di agosto, dovevo completare il lavoro iniziato con lui nella mattinata.

"Pasquale, domani è ferragosto, se vuoi puoi anche non venire a lezione, ma in alternativa devi fare il doppio a casa. Fa accussi: vieni e finime prime". Un'autentica concessione!

Me ne concesse solo un'altra uguale: il terzo giorno della festa di Sant'Andrea, perché "gli altri due mica è feste", diceva sinceramente convinto.

E anche quella mattina, nonostante fossimo lì presto, mentre l'intero paese ancora sonnecchiava, ad eccezione delle casalinghe, in apprensione per garantire a tutti il topico profumo del sugo del giorno di festa, lui disse "uagliò baste feste mo".

Domenico fu una meteora nella mia vita, ma lasciò decisamente il segno: a settembre superai l'esame, e quando glielo raccontai il suo volto non tradì nessuna emozione, il suo aplomb era un'altra delle sue caratteristiche. "Sta bbene" disse sinteticamente, laconico come suo solito, con un mezzo sorriso e, per chi lo conosce, valutai il profondo significato di quello che voleva dire.

Domenico era così: poche parole, molti fatti.

Una meteora, dicevo, ma in una sola estate ebbi la fortuna di essere stimolato da un autentico genio. Una sola estate purtroppo, ma molto intensa per fortuna, dove mi resi conto della grandezza di una delle più bizzarre e, al contempo geniali personalità che abbia mai incontrato nella mia vita.

"Basta mo, ce vole na tonza de birre!"

Ciao Professò

Pasquale Cassese