Valutazione attuale: 0 / 5

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 
Categoria: il seminario Visite: 1802

Da "il Seminario" n. 4/2016

Negli ultimi tempi si parla spesso di disinformazione, soprattutto riferendosi a quella galassia di siti-bufala che proliferano nel web e con le loro notizie false, fatte di proposito per attrarre l’attenzione e il consenso della gente, riescono a raggiungere in pochi minuti migliaia di ...

La disinformazione

... condivisioni sui social e ad orientare anche il voto politico, come è accaduto per il referendum sulla Brexit. Infatti sembra che la diffusione di falsi dati, relativi ai contributi, che la Gran Bretagna versava all’Unione Europea, abbia contribuito in modo determinante alla vittoria del fronte anti-Europa.

Per spiegare questi fenomeni si tira spesso in ballo il concetto di post-verità, ricalcato sull’inglese post-truth, che sta a significare la condizione per cui, invece dei fatti, sono le impressioni del momento a “fare opinione” e a orientare le scelte delle persone. Ciò che colpisce, infatti, è che nell’esempio della Brexit i dati relativi alla contribuzione al bilancio europeo da parte della Gran Bretagna sono visibili online sul sito del governo, quindi accessibili a tutti. Perché dunque migliaia di cittadini hanno creduto alla bufala senza controllare le fonti ufficiali? Non lo hanno fatto perché, come dicono i creatori del concetto di post-verità , nel mondo di oggi contano le impressioni e non i fatti. Coloro che leggevano avevano già la sensazione che la Gran Bretagna pagasse troppo per ciò che riceveva dall’Unione Europea, volevano trovare un capro espiatorio per la crisi che sta attraversando l’Europa tutta e lo hanno trovato nell’Unione europea che, secondo loro, sprecava i soldi dei cittadini ed era colpevole della crisi.

Non hanno tenuto conto del fatto che L’Unione Europea ha accolto negli anni moltissime proposte avanzate dalla Gran Bretagna, anche a discapito di altri paesi, tra cui il nostro, perciò la Gran Bretagna era ben rappresentata in Europa e ha condiviso le sue scelte. La situazione non è migliore in Italia, dove ogni giorno escono sui social false dichiarazioni dei politici, soprattutto sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza, che raccolgono l’indignazione di migliaia di utenti in pochi secondi. Per esempio, un articolo che attribuiva alla Presidentessa della Camera Laura Boldrini la decisione di vietare i mercatini di Natale, perché offensivi verso i musulmani, ha scatenato il web con migliaia di commenti, visualizzazioni e condivisioni in pochi minuti. I creatori di questi siti-bufala guadagnano denaro per ogni click, condivisione o commento ai loro articoli, perciò poco importa se le notizie siano vere o no, l’importante è che producano la reazione degli utenti. Da questo clima nascono spesso idee di censura, per cercare di bloccare questi siti-bufala.

Il Parlamento è al lavoro per trovare un sistema per colpire questi siti istituendo, è una delle ipotesi, una commissione che valuti i siti e blocchi quelli palesemente falsi. Il problema, però, è sempre lo stesso: chi controlla i controllori? Non corriamo forse il rischio che vengano censurati anche siti di informazione seria, magari con l’intento di colpire oppositori politici? Come diceva il grande filosofo e storico francese Tocqueville nella sua opera “La Democrazia in America”, la censura non è mai la strada giusta, poiché è difficile porvi dei limiti ed è ancora più difficile trovare persone ineccepibili che censurino. La soluzione, perciò, non è la censura, bensì la piena libertà. Certamente essa è pericolosa, ma meglio un mondo libero e complicato che uno semplice e sicuro in cui tutti sono schiavi. Il problema della disinformazione, però, non è nuovo, ha radici profonde nella storia dell’umanità. Sbaglia chi dice che oggi non esiste più il dato e ci si affida solo all’impressione, perché il dato in quanto tale è come se non esistesse. Come ci insegnano i filosofi della scienza, anche il dato sperimentale non è totalmente altro rispetto al soggetto che conosce, è sempre un dato interpretato, che dipende dallo strumento con cui si misura, dal modo in cui si adopera detto strumento, dalla condizione psicologica del soggetto conoscente, dallo scopo della sua indagine e finanche dalle sue intenzioni morali. Ancora più problematico è il caso di un testo scritto o di un discorso orale, essi si prestano ad ennesime interpretazioni, per cui possiamo dire che quasi il dato non esiste. Tuttavia appare difficile, come diceva Umberto Eco rispondendo al filosofo americano Rorthy, far credere a qualcuno che un cacciavite sia un oggetto per pulire le orecchie , perciò esistono dei limiti all’interpretazione. Per quanto riguarda i siti-bufala e in generale le notizie, il criterio per la valutazione esiste, ma è il singolo cittadino che deve farsene carico. Ecco alcuni consigli utili:

  1. Quando leggiamo qualcosa online è buona regola controllare le fonti che l’articolo o il post su Facebook cita, se sono fonti autorevoli oppure no. Spesso i siti - bufala non citano alcuna fonte, oppure citano siti di dubbia autenticità.
  2. Bisogna preferire siti redatti da professionisti conosciuti e autorevoli nel loro settore scientifico, evitando siti o articoli scritti da persone improvvisate.
  3. Cercare di confrontare vari siti e non fermarsi al primo che troviamo, preferendo i siti ufficiali delle persone o delle organizzazioni a cui vengono attribuiti le dichiarazioni o i dati.

Viviamo in un mondo complicato, che non ammette ignoranza, perciò l’unica soluzione è acquisire conoscenza, perché anche in rete esistono siti autorevoli e giornali serissimi, ma spesso sono offuscati dai siti-bufala. Quello che possiamo fare è far risaltare i primi, citandoli, condividendoli sui social, parlandone con la gente. Per un esempio pratico di vaglio critico di ciò che si legge, vi invito, per questo articolo, a visitare il sito dell’Oxford Dictionary, a leggere l’articolo sulla post-verità del sito dell’Accademia della Crusca, il capitolo VI della parte II del secondo libro de “La Democrazia in America” di Tocqueville o, magari, a leggervi tutto il libro, non fa male e costa anche pochi euro.

Michele Ambrogio Lanza