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... UN PAESE AL COLLASSO

Da "il Seminario" n. 2/2018
Pubblichiamo questo articolo perché del Venezuela a Sant'Andrea, e non solo, si parla sempre poco.

«Io sono stata fortunata: sono venuta in Italia perché ho voluto, prima ancora che per necessità. È il paese di origine della mia famiglia, mentre molti dei miei amici sono ora in nazioni che non hanno mai conosciuto».

Queste le parole di...

Una persona anziana trasporta a spalla "un ... sacco di viveri"

... Andrea, giovane venezuelana da poco trasferitasi qui a Sant’Andrea. «Caracas era diventata invivibile, sentivo di non avere più nessuna sicurezza. Non potevo uscire per andare dai miei amici o all’Università senza prima assicurarmi di non avere con me gioielli. Non potevo portare con me neanche il telefono, c’era gente pronta a minacciarti di morte anche solo per quello». La carenza di beni primari nei supermercati è uno dei grandi problemi che i venezuelani devono fronteggiare quotidianamente. «Quando sono venuta qui in Italia, ho visto tanta di quella abbondanza da non credere ai miei occhi. Voi, qui, vi lamentate della crisi, ma in Venezuela non potevo andare a comprare il pane con la certezza di trovarne abbastanza, sebbene fosse solo per me e mia madre.

C’erano lunghissime file ai panifici e non avevi la certezza di riuscire a mangiare». E se questo discorso vale per il cibo, possiamo solo immaginare quale sia la situazione per quel che riguarda beni come i medicinali. «Perfino quando avevi mal di testa e volevi prendere una semplice compressa dovevi pensarci due, anche tre volte. È molto cara e non si trova facilmente. Arrivi inevitabilmente al punto in cui devi chiederti se preferisci mangiare o curarti. I soggiorni in ospedale non sono gratuiti e nessuno vuole essere pagato con il bolívar, non vale niente, preferiscono l’euro o il dollaro... Dopo un po’, semplicemente non puoi farcela, non puoi vivere così». Un gran numero dei venezuelani che vivono al confine preferisce andare a fare la spesa in Colombia e molti di loro (la stima approssimativa è di 600.000 persone) vi si sono trasferiti, nel corso degli ultimi anni.

Venezuela: grande fuga dal Socialismo chavista

Nel tentativo di combattere la crisi economica e di aggirare le sanzioni degli USA, il governo di Caracas ha emesso la prima criptovaluta di Stato: il petro. «È come se qui in Italia tu andassi a fare un prelievo in banca e ti dessero cinquanta centesimi. Cosa mai puoi comprare? Quante volte mi è capitato di non riuscire a pagare neanche il parcheggio!». Negli ultimi anni, quasi tutti i giovani hanno lasciato e continuano a lasciare il Venezuela alla ricerca di una vita migliore. Molti vanno negli Stati Uniti, ma lì la situazione non è delle migliori per gli immigrati. «Preferiscono stare lì, lavorando tutto il giorno e in pessime condizioni, ma almeno mangiano e hanno accesso a qualche medicina... Il costo dell’istruzione aumentava ogni sei mesi e il Governo non faceva niente per impedirlo, semplicemente non importava a nessuno. Se il Venezuela non investe nei suoi giovani e nella cultura, che sono le fondamenta sulle quali ricostruire il Paese, quale futuro potrà mai avere?». La situazione governativa non è migliore di quella economica e le parole di Andrea al riguardo sono particolarmente dure, ma tristemente vere. «La politica in Venezuela fa schifo. Io sono nata sotto questo governo, ma mia madre mi racconta sempre di tempi in cui il Venezuela era uno dei Paesi più ricchi e belli del mondo. Con il tempo è tutto peggiorato. La gente ha votato Maduro semplicemente perché riceveva in regalo cesti con del cibo. È ovvio che, nel momento in cui il tuo primo problema è mangiare, cosa te ne può importare per chi voti? I politici sono corrotti, vivono solo per i soldi. Il popolo è abbandonato, a nessuno importa della gente comune.

Le Forze dell’Ordine dovrebbero proteggerci, ma in realtà sono i primi che approfittano della loro autorità per derubarci. Avevo paura anche solo di prendere l’autobus, dovevo andare sempre in gruppo, perché non potevi mai sapere chi avresti incontrato. Ho visto gente cercare da mangiare nella spazzatura e minacciarsi a vicenda con dei coltelli pur di accaparrarsi qualcosa. Erano disperati, volevano solo poter mangiare. Dalla mia finestra, vedevo le persone che morivano di fame. Ormai non esiste più un ceto medio: o sei ricco o vivi in mezzo alla strada. Coloro che facevano parte della fascia di mezzo, come me, se ne sono tutti andati. Non è vita, arriva il giorno in cui compri un biglietto e te ne vai. Di questo passo, non rimarrà nessuno». Nonostante le manchi la sua famiglia, Andrea è entusiasta dell’Italia: «Essere un’emigrante è triste, ma qui a Sant’Andrea sono felicissima, la gente è bellissima e mi ha accolto calorosamente. Posso davvero dire che ora non mi manca niente».

Elena Petoia