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Categoria: il seminario Visite: 1196

Da "il Seminario" n. 4/2018
Pubblichiamo questo articolo perché dello spopolamento dell'Irpinia e di Sant'Andrea, se ne parla sempre poco.

di Erio Matteo

Da tempo, ormai, manca una seria strategia per arginare il fenomeno della disoccupazione giovanile. E qualche incentivo fiscale appare destinato a lasciare il tempo che trova, perché non inserito in alcuna visione generale o provvedimento di ampio respiro. Eppure il progressivo spopolamento, soprattutto a ...

Giovani in partenza

... causa della emigrazione di tanti giovani, rischia di essere addirittura fatale per la nostra Irpinia. E la politica appare lontana dagli interessi della gente. Ancora di più dalle esigenze delle popolazioni della provincia di Avellino, in particolare dell’ Alta Irpinia. Per tutta la durata della cosiddetta seconda Repubblica, governi di diverso colore politico hanno considerato residuale la nostra terra. Ed essa ha profondamente risentito della mancanza di progetti e di iniziative di ampio respiro, capaci di favorire nuovi processi di sviluppo economico e quindi di crescita civile.

Le grandi battaglie degli anni settanta e ottanta per lo sviluppo delle aree interne - sostenute dalle tradizionali forze di governo con il convinto sostegno delle popolazioni - portarono a grandi insediamenti industriali e alla realizzazione di importanti infrastrutture. Il tradizionale reddito agricolo e artigianale di moltissime famiglie venne così integrato dalla quota supplementare derivante dall’impiego di molti lavoratori nell’industria. Nell’ultimo ventennio, nonostante i progressi tecnologici abbiano reso più facile affrontare certi tipi di lavoro, sono mancate iniziative capaci di innescare nuove iniziative di dimensioni tali da trattenere i giovani in loco.

Così oggi, dopo più di un ventennio sprecato, ci troviamo di fronte a una nuova e più pericolosa forma di emigrazione: quella di giovani laureati e diplomati. Con l’aggravante, rispetto all’emigrazione storica, che mentre il capofamiglia che un tempo andava all’estero mirava a tornare per ricongiungersi a mogli e figli rimasti in patria, ora è oltremodo difficile che i nuovi giovani emigrati vogliano e possano ritornare. Con gravissime ripercussioni sullo stesso nostro tessuto familiare e sociale.

Crescono nel frattempo, nel Paese, gli atteggiamenti xenofobi o subdolamente razzisti, l’assenza di spirito solidaristico, l’insofferenza verso ogni forma di accoglienza e di inclusione. In questo modo, corre il rischio di essere annullato l’intero nostro patrimonio culturale e di valori, storicamente portato avanti in modo particolare dalla Chiesa e dalla religione cattolica. Se ripercorriamo le vicende dei nostri centri e delle nostre campagne nei vari periodi storici, troviamo come quei valori fondanti siano stati alla base della vita e delle scelte delle popolazioni irpine. La solidarietà nazionale è stata alla base dell’accettazione da parte di tanti comprovinciali e corregionali nell’andare a combattere sul Carso durante il primo conflitto mondiale. Quel sacrificio collettivo cementò la vera unità della nazione. E la solidarietà personale e familiare ha permesso, alle popolazioni dell’Irpinia, di sopportare meglio le angustie dell’ultima guerra, la povertà del dopoguerra e le difficoltà della ricostruzione.

Sono poi tante le testimonianze di come, durante il secondo conflitto mondiale, tanti settentrionali abbiano dovuto abbandonare i territori occupati dai nazisti per trovare accoglienza e rifugio nella nostra provincia. Ancora, gli irpini hanno sempre avuto il senso del rispetto delle istituzioni rappresentative, mai irridendole o, peggio ancora, denigrandole. E hanno dato e danno dimostrazione di sensibilità verso gli ultimi e gli indifesi con una vasta rete di organizzazioni di volontariato.

L’Irpinia è stata sempre una provincia accogliente e ospitale. Oggi, però, tutto questo appare in pericolo. Dilagano ormai, in molti ambienti e sui mezzi di informazione, prese di posizione e comportamenti quotidiani con cui l’opinione pubblica è trascinata costantemente verso una sorta di guerriglia permanente. Il Paese appare diviso. Preso da paure talvolta infondate. Ne fa le spese il comune sentire degli italiani, messo a dura prova da diffidenze e timori verso chiunque appare diverso.

I nuovi steccati culturali prima che fisici - in particolare contro chi fugge da guerre, fame e distruzioni - alterano in profondità quelle che rappresentano le vere basi della nostra convivenza civile. Essi contrastano con la nostra natura di popolo, che affonda le sue radici culturali in quei principi e quelle virtù cristiane che sono nei secoli diventate patrimonio di tutti. Questa, oggi, è la vera posta in gioco!

Erio Matteo