Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva
 
Categoria: il seminario Visite: 1531

Da "il Seminario" n. 4/2018

Agli inizi del ‘900 a Sant’Andrea di Conza, come in altri Comuni dell’Alta Irpinia, nasce una nuova figura sociale che cresce smisuratamente, la “mamma di latte” o anche detta “balia”. Questa figura, però, ha origini molto più antiche. Infatti i nobili, gli aristocratici o l’alta borghesia, si servivano di ...

Luigi XIV con la sua balia (Charles Beaubrun)

... queste donne per allevare e allattare i propri figli. Le donne aristocratiche affidavano i propri figli alle balie per vari motivi: per impegni sociali o perché ritenevano che l’allattamento avrebbe influito negativamente sia sul loro corpo che sulla mente, preferivano assumere delle donne che appartenevano a una classe sociale inferiore (contadine) per far crescere i loro figli, offrendo così un lavoro a una persona indigente.

Spesso le “mamme di latte” erano costrette a lasciare la loro casa, i loro mariti, i campi, a volte il loro paese e soprattutto i loro figli e se tra questi vi era qualche neonato, erano costrette a lasciarlo a un’altra donna per allattarlo. Tutto questo per molte era un trauma e a causa di ciò, rischiavano, a volte, di perdere il latte e conseguentemente il nuovo lavoro. Nel nostro paese, però, non era così, ovvero i motivi per i quali una mamma si rivolgeva ad un’altra per allattare il proprio figlio, erano ben diversi dalle motivazioni aristocratiche. A Sant’Andrea non erano presenti famiglie nobili o aristocratiche, ma famiglie benestanti e contadini, quindi le loro esigenze erano diverse, infatti una mamma santandreana si rivolgeva a una sua compaesana esclusivamente per esigenze fisiologiche del nascituro. Nel passato nascevano molti bambini a Sant’Andrea e spesso accadeva che alcune mamme non avevano latte per poter nutrire il loro piccolo, quindi si affidava il bambino a un’altra donna che aveva appena partorito e le si chiedeva di allattarlo.

La mamma di latte si ritrovava così a dover allattare un altro figlio che non era il suo e il compenso poteva essere del denaro, oppure prodotti della terra e animali. Prima di essere considerato un “lavoro”, essere una mamma di latte era un grande atto d’amore e di altruismo, perché non tutte erano disposte a trascurare i propri figli per crescere degli estranei, però, quando questo avveniva, tra le due famiglie nasceva un rapporto così forte da considerarsi “di famiglia” e addirittura i bambini diventavano tra loro “fratelli di latte”. Quando l’allattamento terminava, il bambino affidato continuava a frequentare e a giocare con i suoi nuovi fratelli e anche le famiglie continuavano a coltivare un legame che diventava sempre più intimo, tant’è che molto spesso la mamma di latte diventava la madrina del bimbo.

Nel corso della sua crescita, il bambino diventava parte integrante della sua nuova famiglia e continuava ad esserlo anche durante l’età adulta. Infatti i bambini con i quali era cresciuto e aveva giocato, erano ormai i suoi fratelli. Oggi questa figura è scomparsa, però intervistando e parlando con alcune di queste donne, ormai anziane, ho potuto capire quanto fosse diversa, nel passato, la vita nel nostro piccolo paese, il senso di comunità era vivo, ognuno aiutava l’altro con i mezzi che poteva, erano uniti e soprattutto ho potuto capire dai loro racconti che la loro scelta non è mai stata un peso, ma un atto d’amore che ancora vive nel ricordo e nel cuore di quei bambini, oggi diventati uomini, donne e “fratelli di latte”.

Grazie, mamme!

Chiara Russoniello