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Categoria: Emigrazione Visite: 3241
Mezza S. Andrea emigra in Venezuela

Come ricordo della prima (e unica) festa dell'Emigrante organizzata dalla Pro Loco di Sant'Andrea di Conza mi sono rimaste le copie, in formato digitale, di alcune foto tra le tante che furono rese disponibili dai residenti ed esposte in una mostra abbastanza ben riuscita e visitata. Voglio riproporle qui in omaggio ai tanti santandreani emigrati, ma anche con la speranza che qualcun'altra possa essere inviata ed aggiunta a queste per arricchire questa pagina.
In fondo alla stessa alcune poesie scritte da "emigranti" e ad essi dedicate. Nella prima foto si possono contare 17 persone che ...

... emigrarono tutte insieme per il Venezuela. Erano gli anni Cinquanta (per la precisione il 1955) e non era raro che venissero organizzati trasferimenti "in massa" contando sul fatto che quella nazione era in una fase di grande sviluppo.
Mediante un "atto di richiamo", che non era difficile ottenere, tanti compaesani emigravano per cercare fortuna. Alcuni di loro sono tornati poi in Italia, se non a S. Andrea, ma tanti altri sono rimasti definitivamente in quella nazione.
In essa si riconoscono (a partire da sinistra): Tonino Russoniello (già residente a Barletta); Pasquale Giorgio (detto Giorgette); dopo due persone non riconosciute, Arcangelo Vallario (alias Mast'Arcangelo), Peppino Giorgio (riconosciuto grazie a Nicola, v. commento in basso), Angelomaria Russoniello (nonno materno di Frino Adriana); Maria Pompea Russoniello (moglie di "Musullino"); Rosaria Cicenia e suo marito Gerardo Schiavone; (? sembra) Gerardo Cignarella (detto Gerry pazz); all'estrema destra persona non riconosciuta.
Dietro: Lorenzo (oppure Angelo?) Mauriello (Mario Cicenia, secondo Nicola, v. commento in basso); Gerardo Mazzeo (riconosciuto grazie a Nicola, v. commento in basso); Rocco Errico (Peppino Cicenia, secondo Nicola, v. commento in basso); Attilio Frino (?) (alias Petruscella); persona non riconosciuta.

Grazie alle segnalazioni di Nicola R. è stato possibile riconoscere diverse altre persone. Si vedano i commenti riportati in fondo alla pagina.


Valigie come armadio

In quest'altra foto alcuni santandreani stanno consumando il loro "lauto pasto" su un tavolo "elegantissimo" seduti su sedie "di grande qualità". Ciò che però colpisce più di tutto è il "comò/armadio" costituito da una pila di valige. In essa si riconoscono, da sinistra: Mario Russoniello, Nicola Mastrodomenico (cognato di  Pompeo Paradiso, segnalato da Nicola, v. commento in basso), Andrea Mastrodomenico, Francesco Iannuzzelli, Andrea Russoniello (detto "lu neus") e Antonio Pugliese.



Se qualcuno volesse segnalare le persone non riconosciute e presenti in queste foto (o magari inviarne altre) può utilizzare lo specifico modulo "contatti" oppure scrivere un'email (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)


Poesie (di emigrati)

Participio passato: emigrato

Casa natia, focolare
da troppi lustri stanco
d’essere spento.

Né penati né lari.

Eppure a volte
mi sorprendo ancora,
dai vetri della mia finestra,
a spiare
sperando di vedermi ritornare.

Borgo, mio caro altare:
freddo, remoto, spoglio.

Né candele né santi.

Eppur davanti ad esso
prono mi ritrovo
ogni giorno
ad ingraziarmi il Dio
per l’ultimo ritorno.

Fedele Giorgio
Teramo 23.2.2001

Esilio

E giunse l’ora, e fu tempo di partire.
Dalle nude colline
su di noi scese l’istante della sera,
la sospesa pena d’un limbo alla sua fine,
per noi fermi nell’attesa
al fuoco opposto della luce
quasi umano cercò il sole
di negarsi al suo tramonto.
E fu presto notte....
con occhi tremanti
al tremar delle stelle
nel silenzio della stretta delle mani
parole mai dette si dissero tra noi....
da bicchieri colmi di vino e di speranza
bevemmo il fiele dell’addio.
Ma io ero stanco di chiacchiere e noia.
In cerca di sorrisi sotto il sole
mi sollevai in volo tra le nubi,
ed ero già memoria per odio d’innocenza
che mi tolse la mia Terra ed i miei cari.

Leo Schiavone

Ti penso sempre

Nella mia stanza l’ultima nottata
con l’amico Rosario che mi consolava.
Era il 23 settembre del sessantasette
quando ci salutammo mio caro paesetto.
Tutto il vicinato, in lacrime, diceva:
Addio, Totonno caro,
fa’ fortuna e vieni.
O paesetto, tu mi hai cresciuto per mandarmi via.
Fra le tue braccia forti mi sono addormentato,
cullandomi per vent’anni,
ma poi mi hai svegliato.
Come ho aperto gli occhi, mi hai sorriso:
eri ancora là...
Ti amo come si ama un padre
e il mio pure ti amava.
Culla i tuoi figli sparsi per terre lontane.
Ora ti rivolgo solo una preghiera:
fammi svegliare diciott’anni prima.

Totonno Vallario

interruzione